Un amore difficile

La Lombardia e’ una regione stuprata, una terra di nessuno, un’enorme crosta di cemento e cavi dell’alta tensione. Nessuno più posa i piedi su questa terra, la si attraversa solo su gomma passando da un carcere di luci al neon ad un loculo con letto e bagno, questa terra non è più terra, non appartiene più al cuore di nessuno e per uniformarsi diventa grigia come l’asfalto, anche il cielo è una cappa di piombo fuso.

Grazia è  innamorata  del suo cavallone tedesco, gigante ed emotivo almeno quanto lei. Sono abbandonati in questo costoso carcere di periferia, entrambi vedono la luce nel breve tratto fra il maneggio coperto e la scuderia, il loro è un matrimonio infelice dove la voglia di stare insieme e’ soffocata dalle incomprensioni e da un ambiente sterile per l’amore: le sbarre di un box, il buio di un capannone, una ruota che gira dove il cavallo criceto inebetisce gli arti e la mente. A nessuno conviene vederli, il loro doloroso rapporto è invisibile, nessuno li aiuta, la loro felicità non è redditizia.

Allora Grazia monta il suo enorme criceto sauro attaccata alle redini come se non ci fosse un domani, rannicchiata come se un pericolo spaventoso volesse strapparle il cuore, ad ogni battuta di trotto un piccolo pezzo di cuore, mentre tutto intorno esplode la guerra. Il gigante ha paura di cadere in avanti, ha paura di cadere per sempre, anche lui ha un nobile cuore da proteggere, nessuno dei due respira come se il dramma fosse imminente ed in apnea non si può far binomio.

Arriva un piccolo uomo da lontano, come tutti ha attraversato la terra sulla sua scatoletta a motore; la tangenziale e’ una discarica a cielo aperto, per arrivare al maneggio si fa slalom fra il pattume e le nutrie morte, sembra di attraversare la fine del mondo quando la guerra ci inghiottirà tutti.
La compagna dello straniero ha occhi e stivali grandi, si tengono per mano, a loro piace vedere non guardare e questo amore disperato balza subito agli occhi. Allora l’omino, incurante del bombardamento, si posiziona al centro del rettangolo (la sabbia le pareti e il soffitto sono grigio scuro) tiene in mano un frustino con l’anima d’argento ne è geloso come se fosse il custode di tutti i suoi segreti.

“Pensa al centro del tuo corpo, espandilo come se questo spazio non avesse pareti, lascia che il tuo calore attraversi il tuo cavallo, dai fiducia al vostro amore, lascia andare le redini!”.

Grazia sente di potersi lasciare andare (quel frustino d’argento é una bacchetta magica e le parole dell’omino un sortilegio) allora schiude le spalle, allunga le gambe fuori dalle staffe, solleva lo sguardo, apre il suo corpo come se sotto quelle lamiere fosse arrivata la primavera, percepisce di star respirando e un sorriso proveniente da chissà quale profondità le illumina il viso mentre il dolcissimo gigante sauro comincia a masticare.

Riccardo M. Bruno