Il programma iniziale era quello di scendere al mare per le dolci pendici del monte Amiata, passando da Roccalbenga, Scansano, Magliano fino al parco dell’Uccellina. Invece mi lascio convincere da Giuliano, fattore del castello e cacciatore, di puntare dritti a Paganico e accorciare così di due tappe.
Il prezzo da pagare per la velocità però (ormai avrei dovuto saperlo) è stato alto!
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Il nuovo percorso prevede dodici chilometri di asfalto e quindi a piedi, su di una piccola provinciale, a dire il vero poco trafficata.
Un paio di chilometri prima del paese la strada si immette sulla provinciale del Cipressino che unisce Grosseto al monte Amiata.
Qui la situazione cambia radicalmente, il traffico si fa denso, rumoroso e stressante. Una serie di camion di varie dimensioni sfrecciano e sbuffano accanto alla nostra piccola e indifesa comitiva. Ogni passo si fa più pesante, la tensione sale, anche perché Amelie, che fino ad oggi non aveva fatto una piega su qualunque strada, ha paura, strattona e scatta ad ogni passaggio di mezzi pesanti. È nervosa e contagia il resto del gruppo.

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Ormai quasi a Paganico, dopo due chilometri di sudori freddi, ci resta solo da attraversare il ponte sull’Ombrone, oltre il ponte, una grande rotonda ci segnala l’entrata del paese.
Imbocchiamo la trappola d’asfalto sospesa sulle acque. Marlene Morgan e Nina al guinzaglio aprono la via, noi, il grosso dell’artiglieria, li seguiamo da vicino. Fatti pochi metri un imponente camion, rosso come l’inferno, sopraggiunge alle nostre spalle. Sbuffa e sibila, ansima come un mostro antico, le cavalle non ce la fanno più e scattano in avanti in fuga, in cerca di salvezza. Le lunghine tirano, strappano, con tutte le mie forze cerco di trattenerle e non travolgere il gruppetto davanti, ma sembra inutile, le bestie mi trascinano come fossi un fuscello.
Voglio toglierci alla svelta dagli impicci del ponte ma un altro bisonte a ruote ci viene incontro stringendoci nuovamente in una morsa di paura e sudore. Pioggia, con la sua mole affannata, spinge Morgan contro il guardrail, Nina si trova fra una selva di zoccoli ferrati e noi nel mezzo cerchiamo con tutte le forze di rimanere in piedi.
Quando finalmente passiamo oltre ci fermiamo un attimo sulla grande rotonda erbosa, ancora intrappolati da strade trafficate.
Il sudore mi gocciola dalla fronte sugli occhiali, l’adrenalina mi offusca la vista ma anche questa volta è andata bene.
Prendiamo la strada che entra in Paganico (antica dogana e centro di scambi fra Siena e Grosseto) e ci inerpichiamo per uno stradello che taglia la campagna. Le gambe ci tremano ancora quando rimontiamo a cavallo. Sulla carta vedo solo sentieri tranquilli fino a Campagnatico dove ci fermeremo per la notte.
Ma ancora la giornata ha in serbo per noi spiacevoli sorprese.
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Ci inerpichiamo senza incrociare un’anima fino quasi al paese, il sentiero sbuca un paio di chilometri più sotto, la strada sembra tranquilla, siamo stanchi ma scegliamo di camminare, Nina al guinzaglio. Fatte due curve un bilico carico di ghiaia incrocia la già provata comitiva, la strada è piccola e il mastodonte la occupa quasi per intero, ci supera e il suo passare scalda e appesta di gasolio l’aria, i cavalli fremono noi abbiamo i nervi a a fior di pelle. Pochi pesanti passi più sù e un altro bilico ci viene incontro e poi un altro e un altro ancora, in poco meno di due chilometri ne passamo moltissimi e ogni volta tratteniamo il fiato.
Quando ormai sono in vista i tetti delle case di Campagnatico, l’ennesimo mostro gommato ci coglie alle spalle. Pioggia non resiste più e con un colpo di reni si libera dalla mia presa. La lunghina è una lama di coltello fra le mie dita, stringo più forte ma non riesco a fermarla, presa dal terrore fa tre, quattro passi indietro e si ritrova in mezzo alla carreggiata. Marlene emette un sibilo di angoscia, la scena è drammatica, l’autista del bilico si rende conto all’ultimo che deve rallentare e il suo volto è attonito mentre passa rasente al posteriore della giumenta, senza toccarla.
Solo una curva e siamo in paese, sani salvi e terrorizzati.
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La gente del posto ci dice che più giù c’è una miniera di ghiaia che i camionisti trasportano facendo la spola verso Grosseto. Per tutto il giorno e tutti i giorni un esercito di bilici marcia sulla quiete di queste colline, i paesani malsopportano e sono molto infastiditi dal via vai che durerà fino al compimento dei lavori della Siena-Grosseto. La strada, ci dicono, è pericolosa da percorrere anche in macchina o con i trattori che qui tutti usano abitualmente.
Ecco che la Lungavia presenta il suo conto di paura e sudore su di una tappa che sulla carta doveva essere semplice e farci risparmiare tempo.
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