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Il Guado dell’Ombrone

Campagnatico è un paesino suggestivo e accogliente, appollaiato sulle ultime propaggini del Monte Amiata. Da qualche collina più in là, nelle giornate di cielo terso, si vede il mare.
Spossati dalla terribile tappa sull’asfalto, ci fermiamo con i cavalli in una piazzetta a terrazza proprio all’ingresso del paese; Marlene seduta sul muretto tiene i cavalli visibilmente stanchi, mentre io cerco ospitalità. Dopo solo poche domande alla solita piccola combriccola di curiosi qualcuno fa il nome di Corrado, uomo di cavalli di queste terre, che si rivelerà il nostro angelo custode. Arriva con un grosso pickup, jeans, stivali e coltello alla cintura, tradiscono la sua filosofia western. Stringe le nostre mani e in quattro e quattr’otto sistema i nostri animali in un meraviglioso pascolo già ben recintato che occupa il dolce declivio di una collina tempestata di ulivi; a fondovalle un bel lago impreziosisce la vista. Gli umani invece si consolano prendendo alloggio a villa Bellaria, elegante e discreta, come una vera signora, fra le case del paese.

 

Guardo e riguardo la mappa ma, comunque la giri, non vedo scappatoie dalla infernale statale e dai suoi camion di ghiaia. Nessun sentiero segnato, nessuna alternativa all’asfalto e soprattutto l’Ombrone, come il fossato di una prigione, come ultima frontiera ci intrappola fra questi pendii. Eppure le colline tutte intorno al paese sono così dolci, così invitanti di campi e uliveti.
Cominciamo a parlare con tutti, sindaco compreso, ci sarà pur un modo di evadere di qui. Le nostre gambe sono molli e la testa piena di ansie,  i giorni che passano non ci rilassano ma aumentano
la nostra sensazione di claustrofobia.
Poi Corrado e il cugino Ezio,  ci portano in perlustrazione e
ci insegnano una serie di contorte scorciatoie fra i campi per evitare il più possibile la provinciale. Non ci sono più scuse dobbiamo ripartire.

Quando finalmete i cavalli sono pronti, io già mi sento liberato. Marlene è ancora un po nervosa, il grande biscione d’acqua più a valle, liquido e scuro, non la fa stare tranquilla. Siamo concentrati, e dopo due ore di freestyle fra i campi, l’ultima vera fatica della Lungavia si srotola davanti agli zoccoli dei nostri cavalli, nero come il suo nome lascia presagire, serpentino fra le rocce e le pietraie.
Il punto è molto favorevole al guado, qualche decina di metri
in apnea senza sapere dove si mettono i piedi, poi decido di passare
davanti con Pioggia. La cavalla batte l’acqua con gli anteriori, vuole sapere cosa c’è sotto alla pelle umida del fiume. Guardo l’altra sponda come in trance, punto un grosso masso che affiora e la comitiva si incammina. L’Ombrone ci lascia passare senza far storie, dopo tre settimane di viaggio ne abbiamo conquistato il diritto.

Percorriamo il resto della breve tappa fra i campi alluvionali, polmoni dell’animale d’acqua, che operosi trattori pettinano in larghi andirivieni, poi incrociamo un ragazzo sul suo mastodontico mezzo agricolo. Marlene ed io ci guardiamo pensando entrambi alla classica ramanzina del contadino che sente oltraggiato il suo campo dal nostro passare ed invece Claudio scende, ci saluta e ci stringe la mano cordialmente. È magro e sorridente, una serie di collanine e monili gli cingono il collo. La sua famiglia ha un’azienda più avanti, ennesimo segno del destino, sarà la nostra tana stanotte.
La tappa questa volta ha provato più i nostri nervi che le nostre gambe e anche oggi dormiremo protetti fra mura amiche.

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San Gimignano – Torraccia di Chiusi

Stamattina non avendo da smontare il campo, riusciamo a partire prima e una giornata più lunga davanti significa arrivare presto, con più ore di pascolo e riposo per i cavalli. La squadra comincia a prendere il ritmo dei morbidi saliscendi ed il sole ed il cielo terso sono una benedizione. La tappa è molto simile a quella di ieri forse un tantino meno spettacolare ed anche l’attraversamento di San Gimignaano non ci crea problemi.

Ma è solo sui bianchi selciati che ci sentiamo davvero bene, come la strada si fa asfaltata e si popola di macchine e genti, ci assale la sensazione di essere fuori luogo, le persone ci guardano passare con espressioni vacue, i più fanno finta di niente, confusi dalla stranezza della nostra carovana. Solo i bambini esultano con gli occhi brillanti e sventolano le mani salutando pieni d’entusiasmo.
E questo mi fa riflettere su quanto abbiamo ormai perso la spontaneità e lo stupore, la capacità di sognare, di entusiasmarci per le cose piccole, un po’ fuori dagli schemi, fors’anche un po’ ingenue, un po’ retrò.

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Quando la sera diventa viola e la luce si sgrana sulle vigne,                cominciamo a sentire la fatica dei chilometri e  il quotidiano          problema di cercare un posto per la notte.
Superiamo un piccolo guado a fondo valle e sul colle di fronte si staglia una torre di guardia, antica come queste terre.
Io già fantastico di farci ospitare da Nobili Vassalli, e la mia parte bambina esulta! Entro dal cancello della magione, a chiedere                 ospitalità nelle vigne. Mi riceve il padrone di casa, Messer Stefano, un signore squisito e distinto che dopo poche parole ci mette tutto a disposizione, proprio come si fa fra nobili Signori e Cavalieri erranti. La nostra buona stella risplende anche stanotte.

 

Questa tenuta è meravigliosa, la struttura è originaria dell’anno mille e ha una torretta di avvistamento sulla via Francigena. Il restauro denota gusto e amore,  i proprietari si prendono cura di tutto con una precisione gentile che rende questo posto  magico.
Qui producono un vino squisito, olio e ortaggi. Tutto è fatto in casa, gestito con dedizione, questa è una terra fortunata.
Maurizio, il fattore, è un uomo sulla cinquantina gentilissimo e chiacchierone, ci aiuta in tutte le nostre necessità con pazienza e destrezza, fra un aneddoto e l’altro della sua movimentata vita.
Ci piace stare ad ascoltarlo, mentre si lavora.

Montiamo la tenda ai piedi di un oliveto vicino al bosco di querce e lecci che promettono protezione, davanti a noi un pascolo stupendo per i cavalli. Si monta il recinto elettrico e ci si fa una doccia             rigenerante, gli animali sono tranquilli, ben sistemati. A noi spetta una splendida cena a base di prodotti biologici e l’ottimo vino che il cuoco Bruno mesce con perizia, come un alchimista per palati fini.
Finite le libagioni torniamo alla nostra tenda di raminghi con la testa leggera e il cuore in pace ma ci aspetta una sgradevole sorpresa.
Sarà una notte lunga e complicata…

La notte dei lupi

Inspiegabilmente i cavalli sono scappati distruggendo letteralmente  il recinto elettrico. Stazionano più in sù, sono inquieti, all’erta.
Con le ultime forze li riprendiamo, li tranquillizziamo e, alla meglio, risistemiamo il recinto che li accoglie.
La notte è splendida di stelle, siamo esausti, le gambe molli e la testa annebbiata, non vediamo l’ora d’infilarci nel sacco a pelo e dormire.  Al calduccio, commentiamo la stranezza dell’accaduto.
Dice che in questa zona ci siano i lupi e, suggestione o realtà, questo spiegherebbe quei punti luminosi che vedevo nel buio tra gli ulivi. Mentre ancora cerco una spiegazione, sento che i cavalli si agitano, nuovamente impazziti di paura, rompono il recinto e fuggono galoppando a perdifiato nella notte!
La campanella di Amelie ci guida nell’oscurità. Li riprendiamo un’altra volta e leghiamo Morgan e Amelie ad un grosso ulivo. Ma quando tocca a Pioggia, la grossa giumenta non ci sta. Folle di paura mi salta letteralmente addosso con la sua enorme massa, mi travolge facendomi sbalzare come se fossi di cartone e mi rifila una poderosa zoccolata sullo stinco.  Mi trovo accasciato sull’erba, lo stinco mi si ingigantisce a vista d’occhio come un palloncino gonfiato a bocca, in pochi minuti la mia gamba fa paura.  È brutta da vedere ma non mi fa troppo male. Provo ad alzarmi, con i tre cavalli a lunghina arrivo ad una cannella per mettere la gamba sotto l’acqua fredda.

 

E ora che si fa? È mezzanotte passata, la grande casa dorme placida sotto le stelle e noi non abbiamo più un posto per i nostri animali, sempre nervosissimi.
Marlene sale alla grande casa a cercare aiuto. Ci dispiace disturbare i gentilissimi proprietari ma non ci sono altre soluzioni. Stefano,      Maurizio e un ospite della famiglia, balzano dal letto per soccorrerci e mezz’ora dopo i cavalli sono sistemati in un bel recintone e noi nella nostra tenda devastati dalla fatica e dalle emozioni, finalmente alla fine di questa brutta avventura.
La nostra buona stella brilla ancora.

La mia gamba è gonfia come una zampogna ma per il momento non duole, la campanella di Amelie diventa sempre più flebile… gli occhi si chiudono… forse i lupi nel buio stanno ridendo di noi…

Domani con il sole prenderemo delle decisioni.

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